Trasparenza e comunicazione delle informazioni. Breve analisi critica.

Trasparenza e comunicazione delle informazioni. Breve analisi critica.

Siamo tutti convinti di saper comunicare davvero e ci ergiamo a difensori della trasparenza nelle comunicazioni e nelle informazioni, ma sappiamo davvero cosa significano queste cose?

Comunicazioni trasparenti
Tipico esempio di comunicazione trasparente, se conosci il codice.

Trasparenza.

Di sicuro questa parola ha assunto, nell’ultimo periodo storico, un forte significato sul piano sociale, politico ed economico. Si pretende trasparenza dalle istituzioni, si vuole trasparenza nelle gare d’appalto, si esige trasparenza nei rapporti commerciali…

Ma cos’è davvero la trasparenza? Aver scritto già così tante volte questa parola, in così poche righe l’ha già snaturata e resa banale. Rischia quasi di fare mucchio assieme alle altre sue colleghe come “responsabilità”, “correttezza”, “informazione”…

Durante il congresso annuale di AssoDPO, che si è tenuto a Milano gli scorsi 8 e 9 maggio, uno dei moderatori, a conclusione del suo intervento di riepilogo, faceva notare quanto molto del lavoro che bisognerà affrontare per raggiungere il completo adeguamento al GDPR vedrà le informative come oggetto principale. Solo pochi giorni dopo, il 12 maggio, l’AGCM emetteva un comunicato stampa sulla sanzione da 3 milioni di Euro comminata a WhatsApp, per aver indotto gli utenti a condividere i loro dati con Facebook (qualcuno ricorderà di sicuro un messaggino da parte di WhatsApp, che era arrivato più o meno a metà dello scorso anno, circa le variazioni dei termini di contratto del servizio… ebbene, io lo ricordo, così come ricordo chiaramente di aver accettato senza nemmeno aver letto, il che è di per se un grave errore).

Già il giorno successivo al termine del congresso stavo lavorando su una teoria che vede le norme sulla protezione dei dati strettamente legate con quelle sulla tutela dei consumatori (per quelli che vanno matti per le fonti normative, rispettivamente il Dlgs 196/2003, art. 7, co. 1, il GDPR, art. 12, par. 1 e il Dlgs 206/2005, art. 5, co. 3). Poi l’atto dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato mi ha dato una preziosa conferma che fossi sulla strada giusta. Ve la espongo.

Spesso ci si trova a scrivere l’informativa agli interessati, pensando che sia un mero adempimento burocratico di poco conto. Chi è convinto di questo, sottovaluta la questione e non si accorge che quell’informativa è uno dei più importanti biglietti da visita di un’organizzazione, perché non è “solo un’informativa”, ma “comunicazione”.

Oggi la comunicazione è sovente affidata a esperti, e si ritiene che lo scopo principale sia legato al marketing in senso lato e a migliorare la percezione dell’immagine dell’ente da parte degli altri. Ma siamo sicuri di sapere davvero comunicare? Non si sta, forse, sottovalutando uno degli aspetti basilari di questa pratica, ovvero che lo scopo della comunicazione sia trasferire dalla testa dell’emittente, l’esatto concetto che questo sta elaborando, alla testa del ricevente? Bisogna aver presente che se quest’ultimo non capisce cosa gli stiamo dicendo, non è necessariamente stupido lui: è possibile che siamo noi a non aver scelto il linguaggio giusto (sorvolo sugli altri elementi del processo comunicativo, perché non pertinenti in questa sede).

E dunque mi domando: cosa significa “rendere le informazioni all’interessato”? Quali aspetti sono maggiormente critici?

Ebbene, dopo attente riflessioni sono giunto alla conclusione che fornire informative che citano più o meno testualmente la norma o di natura standardizzata o decontestualizzata, sia inutile. Perché contengono dati che sono facilmente intuibili oppure già conosciuti o conoscibili dal ricevente.

Fornire un’informativa agli interessati significa dover pensare a cosa si vuole comunicare, a quali informazioni siano pertinenti nel contesto in cui viene resa, al contesto stesso, al rapporto con l’interlocutore, al mezzo di comunicazione scelto e, soprattutto, al destinatario.

A questo punto ritorno sulla trasparenza e qualcuno, prevedibilmente, si chiederà: cosa c’entra tutto questo con la trasparenza?

Il legame è stretto: trasparenza, in questo caso, significa facilità di accesso all’informazione, significa comprensibilità, significa non fare fatica nel capire cosa qualcuno ci stia comunicando, significa immediatezza.

Non tutte le informative sono uguali perché non tutti i contesti, né tutti gli interlocutori lo sono. Già in alcuni ambiti territoriali (per esempio nelle Regioni a statuto speciale del nord Italia), alcuni operatori economici sono obbligati a informare i loro clienti in almeno due lingue (l’italiano e quella straniera maggiormente usata). Provate poi a immaginare quale potrebbe essere il livello di attenzione di un anziano appena immigrato, a cui comunicate informazioni circa il trattamento dei suoi dati personali in forma orale, ma parlando con lo stesso linguaggio forbito e formale che si potrebbe usare in una comunicazione scritta. Oppure pensate a quanto possa essere efficace una comunicazione in forma scritta fornita a un cieco, senza che questa utilizzi il codice Braille.

Chi mi conosce sa che non vado matto per le citazioni a memoria delle norme, ma stavolta mi sembra utile per sottolineare il concetto che sto esprimendo:

  • Le informazioni al consumatore, da chiunque provengano, devono essere adeguate alla tecnica di comunicazione impiegata ed espresse in modo chiaro e comprensibile, tenuto anche conto delle modalità di conclusione del contratto o delle caratteristiche del settore, tali da assicurare la consapevolezza del consumatore;
  • L’interessato ha diritto di ottenere la conferma dell’esistenza o meno di dati personali che lo riguardano, anche se non ancora registrati, e la loro comunicazione in forma intelligibile;
  • Il titolare del trattamento adotta misure appropriate per fornire all’interessato tutte le informazioni di cui agli articoli 13 e 14 e le comunicazioni di cui agli articoli da 15 a 22 e all’articolo 34 relative al trattamento in forma concisa, trasparente, intelligibile e facilmente accessibile, con un linguaggio semplice e chiaro, in particolare nel caso di informazioni destinate specificamente ai minori. Le informazioni sono fornite per iscritto o con altri mezzi, anche, se del caso, con mezzi elettronici. Se richiesto dall’interessato, le informazioni possono essere fornite oralmente, purché sia comprovata con altri mezzi l’identità dell’interessato.

Che lo ammettiate o meno, questi tre disposti normativi ci impongono la stessa identica cosa: la trasparenza.

E la trasparenza è relativa e va vista dalla prospettiva del destinatario. Spero di essere riuscito a comunicarlo.